Il secondo giorno o il secondo lockdown

Il secondo lockdown è un po’ come una seconda gravidanza, uguale ma sostanzialmente diversa. Sai già cosa ti aspetta a grandi linee ma è diverso il tuo approccio. Sei meno ansiosa, più illuminata, hai fatto esperienza, sai come affrontare una nausea, un capogiro, un mal di schiena.

Il secondo lockdown ha tutte le connotazioni del primo ma è diverso, perché diversi siamo e ci sentiamo noi. Leggo e annuso ovunque la frustrazione, dai più piccoli ai più grandi. Negli occhi della Mini_me che cerca di farsi andar bene che la maestra le parli sulle onde di una connessione instabile, che i compagni di classe le facciano ciao ondeggiando quelle manine, che la sua finestra sul mondo sia quello stesso schermo che mille volte abbiamo demonizzato.

“Non stare al computer, non guardare troppo il tablet” – ora li sediamo per ore davanti allo schermo perché quello è il loro portale di socialità e di apprendimento. Ecco come siamo cambiati, come è cambiata la nostra routine, almeno in casa possiamo stare senza mascherina e fingere che tutto sia esattamente come due anni fa. Quando neanche davamo valore a quella libertà che ci sembrava scontata.

Ascolto la delusione nelle parole di mia mamma, per un vaccino ritirato, la sconfitta poco prima di afferrare la vittoria, la sua rassegnazione nel dire che ci vedremo a Natale, vorrei poterle dire che si sbaglia, che siamo solo a marzo, che ancora dobbiamo crederci e non perdere la speranza, ma poi penso che abbia ragione lei e che nessuna parola di conforto possa cancellare il ricordo di questi mesi che hanno separato chi si vuole bene.

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